lunedì 5 luglio 2010

Sono Asamoah Gyan, ho 24 anni e sono disperato.

Sono Asamoah Gyan, ho 24 anni e sono disperato. Perchè? Provate a mettermi nei miei panni, provate a pensare come mi sento oggi, non ho dormito, ho pianto tutta la notte, non tanto per me quanto per i miei fratelli africani che credevano in me. Dopo 120 minuti tirati ero stanchissimo e quando ho visto Suarez toccare il pallone con la mano ho pensato che era il mio momento. Avevo già calciato due rigori, alla prima con la Serbia e poi con l'Australia. Ho preso il pallone allora, e sono andato sul dischetto. In un attimo ho sentito gli occhi e i sospiri non solo degli 80.000 allo stadio ma di tutti i fratelli africani che avevano voglia insieme a me di vivere un momento storico. Ho immaginato la gioia che avrei potuto regalare, le feste interminabili e il mio nome inciso nella storia del mio paese, del mio continente. Un peso enorme. Ma ci pensate? Ho solo 24 anni! E allora quando ho preso in mano lo Jabulani era pesantissimo, ho preso un respiro e mi son detto: calcia forte e poi urla tutta la rabbia che c'è in te. Ci ho provato, credetemi, ma purtroppo è andata come sapete. Dopo il rigore ho pianto ma ho anche pregato, mi son detto: non è finita, adesso vinciamo ai rigori e sono andato subito a battere il 1° e avete visto come l'ho calciato bene. Poi però i miei fratelli Mensah e Adiah non ce l'hanno fatta. Anche per loro lo Jabulani era pesantissimo ma io sono andato subito a consolarli perchè la colpa era tutta mia, bastava segnare il rigore giusto. Ricordo che quando ero in Italia ascoltavo una canzone, Francesco De Gregori mi sembra si chiamasse l'autore che diceva che un giocatore non si giudica da come si calcia un rigore...scusate non ricordo bene le parole...mandatelo a dire ai miei compagni...e poi che rabbia vedere quel capellone dell'Uruguay, che all'ultimo rigore decide fare il cucchiaio. Io quel coraggio, non l'ho avuto e non me lo perdonerò MAI.

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