giovedì 2 dicembre 2010

English model.....are you sure???

Il derby Birmingham City-Aston Villa, disputato allo stadio St. Andrew's,è stato un "tranquillo" quarto di finale di Carling cup, vinto dalla squadra di casa per due a uno, al termine del quale i tifosi si sono riversati in campo a darsele di santa ragione lanciandosi: torce razzi e seggiolini oltre ad afforntarsi in violenti corpo a corpo. Il tutto assume dei contorni ancor più "comici", se si tiene conto del fatto che oggi verrà scelta la nazione ospitante, dei mondiale del 2018, tra le cui candidate è presente neanche a farlo apposta l'Inghilterra. Intanto la federazione inglese ha aperto un'inchiesta sulla partita in questione, al termine della quale sono stati effettuati già 5 arresti e dove molti di più sono stati i feriti.


venerdì 26 novembre 2010

Luis Suarez:il cannibale.

Capita a tutti ogni tanto di perdere la testa, nella partita tra Ajax e Psv è successo a Suarez. L'attaccante uruguaiano, capitano dei lancieri, in un attimo di ira ha pensato bene di dare un bel morso al collo dell'avversario Otmam Bakkal. Il gesto non è stato sanzionato dall'arbitro Bjoern Kuipers e così è scattata la prova tv, che è costata al "Cannibale" sette giornate di squalifica.

giovedì 25 novembre 2010

Targa per Gabriele a Badia al Pino.

Avrete sentito sicuramente parlare della polemica legata alla targa per Gabriele, nel luogo in cui fu assassinato. Troppo sporche forse le coscienze di chi lo ha ammazzato negandogli giustizia, per non cercare di impedire un gesto che tenga vivo il ricordo di un giovane morto ammazzato per mano dello stato. Ma oggi vi parlo di un'altra storia, vi parlo di un gruppo ultras tedesco, e più precisamente della schickeria munchen. I supporters del Baryern Monaco giunti in Italia, per sostenere la loro squadra contro la Roma, hanno fatto sosta a Badia al Pino, e la targa a Gabriele l'hanno messa loro....

le immagini delle slide sono tratte dal sito della Schickeria Munchen

venerdì 3 settembre 2010

Luca scrive a papà Ago

Caro Ago,
è da quando Andrea e Giovanni mi hanno chiesto di
pensare a un'introduzione per questo libro bello e onesto
- scritto con il tatto di chi sa di toccare sentimenti privati
e allo stesso tempo una passione e un affetto condivisi
da tantissime persone - che penso e ripenso a queste
poche righe.
E ne ho buttate via tante di versioni prima di decidere
davvero che forse era il caso di essere egoista e parlarti, per
una volta pubblicamente, solo da figlio.
Quanto mi manchi papà.
In queste settimane ho passato qualche giorno di vacanza
a San Marco e ho avvertito fortissima la tua assenza.
In un attimo mi sono tornati in mente tutti insieme i
piccoli segni dei giorni estivi di festa.
Il tuo asciugamano blu nel bagno davanti al mare da
cui d'estate cercavo la barca mentre assonnato indossavo il
costume; lo sguardo di mamma quando vedeva che mettevi
l'aria nelle bombole, preludio di una giornata di pesca
subacquea in cui tu, ti riposavi 20 metri sott'acqua tra
tane di cernie, e lei si agitava guardando il pallone di segnalazione
galleggiare incerto di sopra.
Ago, se prima mi capitava di parlare di te sempre con il
sorriso e quasi con la certezza di scorgere nelle mie azioni
qualcosa che ti riportasse alla mia memoria, adesso purtroppo
tutto questo non mi viene naturale. Non più come
prima.
Mi manchi papà. E da figlio perdonami se decido oggi
di gridare con egoismo l'ingiustizia di avermi sottratto i
nostri anni più belli.
Quelli dell'adolescenza e di una contestazione strozzata
nel realismo; quelli di qualche schiaffone con cui, ogni
tanto, mi avresti addrizzato. Quelli delle prime ragazze,
dello studio all'università, della casa da solo. Quelli delle
partite di calcetto insieme. Rigorosamente, in squadre
diverse.
Rituali sicuramente sciocchi e forse banali ma che ti parlano
di una normalità che - forse perché negata - avrei desiderato
tanto e che mi sottraesti in quella mattina serena
di un'estate immobile.
Una giornata di cui purtroppo ricorderò perfettamente
ogni secondo per tutta la mia vita.
Di quell'ultima volta che ti ho visto vivo al sole del
terrazzo.
Di quella sedia bianca da giardino che stazionò lì per
mesi prima che ce ne accorgessimo, presi come eravamo da
mille interrogativi e dai rimorsi che ti stringono quando capisci
che non avevi capito nulla.
Quella sedia bianca di legno colpita come da una martellata
rotonda all'altezza della seconda fascia.
Dell'ultima volta che ti ho visto poco più di un'ora dopo
nel corridoio stretto del cortile davanti casa: steso in quella
chiglia fredda di zinco.
Avevo undici anni papà, tu mi sembravi invincibile e destinato
a tornare in qualche modo in quello stadio grande
con sopra gli imbuti nel quale quando incontravamo i tifosi
partiva in automatico la foto mentre in sottofondo scattava
plastico il coretto: "OOOO AGOSTINO... AGO
AGO AGOSTINO GOL..." scatenando in un certo senso
la mia gelosia di bambino.
Volendo, oggi, essere onesto fino in fondo con me stesso
penso che nella serenità con cui ho parlato di te alle moltissime
persone chi mi hanno chiesto se fossi parente del
Capitano - a riguardarla adesso quella serenità - ci sia stato
qualcosa di inconsciamente innaturale.
Come se con quella mia tranquillità volessi placare il rumore
assurdo che quel tuo sparo ha prodotto nella testa di
tutti noi. Che gesto estremo insensato imbecille ed allucinante
hai fatto quel 30 di maggio Ago.
Un altro 30 di maggio per te: l'ultimo. Per noi, da lì in
avanti, l'unico.
Quella data diventerà un giorno a caso sul calendario, un
giorno tra il 29 e il 31 in cui i giornalisti delle radio mi chiamano
per un ricordo con il pubblico. Per i tifosi che hanno
visto e non hanno dimenticato quel Capitano serio. Per quelli
giovani che ti hanno scoperto sui forum, visto su Youtube
e che per te hanno aperto anche una pagina Facebook.
Ho scoperto più avanti la crudeltà di quella data. Dieci
anni dopo quella finale. Ho scoperto quella crudeltà e mi
sono sempre ripetuto che non ci puoi aver pensato davvero.
Troppa cattiveria in quella coincidenza. Forse ti si è insinuata
dentro quella data, ecco. Come la depressione che
ti porta a un gesto stronzo. Come un fallo plateale in area
di rigore.
Perché papà io non ci ho mai creduto e non voglio crederci
che in quell'attimo estraneo all'intelletto hai pensato
a una sconfitta in quella stupidissima partita di calcio.
Di fronte alla grandezza di una vita umana, all'amore di
una moglie e di due figli infatti cosa era quella se una stupidissima
partita di calcio?
E pensare che la sera prima saremmo stati in trenta a
casa, tra cugini e amici stretti, a mangiare insieme senza che
nessuno si accorgesse di nulla. Mentre quella sensazione
lieve di malessere ti stritolava.
Ma non penso che ci saremmo potuti accorgere di nulla,
papà. Con noi sei stato, fino all'ultimo istante, lo stesso di
sempre.
Non chiuso. Non orso come ti vedevano gli altri. Quelli
che non ti conoscevano. Quelli che ti avevano cucito addosso
un personaggio che non ti apparteneva. Non fiero,
non superbo.
Solo riservato.
Con noi eri solo Ago: innamorato, dolce, caciarone e
ironico. L'Ago di sempre. Quello che accantonava l'aria
seria del ragazzo cresciuto in fretta, precocemente vecchio,
e buttava le miccette nel camino per spaventare nonno.
Quello delle domeniche in barca per andare a pesca.
Dei pomeriggi su un campo alla periferia del calcio per
insegnare ai ragazzini gli schemi e dirgli che serietà e talento
contano alla stessa maniera.
Quello che veniva a svegliarmi tutte le mattine per vedere
i tg delle 7 e che poi partendo per andare a lavoro con
Gianmarco mi portava a scuola.
Quello che durante la settimana aveva sempre dei fiori
per Marisa e che quando tornava a casa aveva per lei il
primo bacio.
Quello che nonostante tutta la mia incazzatura e tutto il
vuoto mi ha lasciato dentro riesco sempre a perdonare perché
ho conosciuto tutto il suo amore.
Mi manchi Ago. Ecco volevo solo dirtelo ancora una
volta.
(03 settembre 2010)

venerdì 30 luglio 2010

Cagliari-Bastia amichevoli di mezza estate.

Raul saluta il Real!

Bebè a bordo, così titolava Marca il 29 ottobre di quasi 16 anni fa, da quel momento in poi l'allora diciassettenne "bambino" di strada ne ha fatta parecchia con cucita addosso la camiseta blanca, di cui è diventato capitano e leggenda realizzando 228 reti in 550 partite, vincendo 6 Lighe, 4 Supercoppe di Lega, 3 Champions League, 2 Coppe Intercontinentali e una Coppa Uefa. Nel frattempo il Real Madrid è diventata più che una squadra di calcio una fabbrica di magliette e pupazzi e quindi non c'è più spazio "el siete" che senza far rumore, così come è nel suo stile di immenso campione lascia il Real e i suoi galattici per approdare allo Schalke 04 a cui tifosi, siamo sicuri, regalerà ancora le giocate che lo hanno reso leggenda!

Qualche link e una grafica in evoluzione!

Girovagando per la rete si trovano dei blog molto simpatici che mi permetto di consigliarvi (i link sono sulla barra a destra dello schermo) il primo è una raccolta di calciatori capelloni, continuamente aggiornato e davvero molto divertente anche perchè oltre ai capelloni attuali va a ritroso nel tempo e vi farà fare un bel tuffo nel passato, altri due link che vi consiglio vivamente sono "in the box" e "febbre a 90 magazine" ottime fonti di notizie e curiosità sul calcio di oltremanica, infine vi segnalo "lacrime di borghetti" una pagina ricca di storie e racconti come piacciono a noi. Nel frattempo sto dando una sistemata alla pagina cercando di renderla graficamente più piacevole!

lunedì 12 luglio 2010

CAMPEONES

Credo che le parole siano superflue quando si vince un mondiale.

Iker Casillas, Pepe Reina,Victor Valdes, Raul Albiol, Alvaro Arbeloa, Joan Capdevila, Carlos Marchena, Gerard Pique, Carles Puyol, Sergio Ramos, Xabi Alonso, Sergio Busquets, Cesc Fabregas, Andres Iniesta, Javi Martinez, David Silva, Xavi Hernandez, Jesus Navas, Juan Mata, Pedro Rodriguez, Fernando Llorente,
Fernando Torres, David Villa.

lunedì 5 luglio 2010

Sono Asamoah Gyan, ho 24 anni e sono disperato.

Sono Asamoah Gyan, ho 24 anni e sono disperato. Perchè? Provate a mettermi nei miei panni, provate a pensare come mi sento oggi, non ho dormito, ho pianto tutta la notte, non tanto per me quanto per i miei fratelli africani che credevano in me. Dopo 120 minuti tirati ero stanchissimo e quando ho visto Suarez toccare il pallone con la mano ho pensato che era il mio momento. Avevo già calciato due rigori, alla prima con la Serbia e poi con l'Australia. Ho preso il pallone allora, e sono andato sul dischetto. In un attimo ho sentito gli occhi e i sospiri non solo degli 80.000 allo stadio ma di tutti i fratelli africani che avevano voglia insieme a me di vivere un momento storico. Ho immaginato la gioia che avrei potuto regalare, le feste interminabili e il mio nome inciso nella storia del mio paese, del mio continente. Un peso enorme. Ma ci pensate? Ho solo 24 anni! E allora quando ho preso in mano lo Jabulani era pesantissimo, ho preso un respiro e mi son detto: calcia forte e poi urla tutta la rabbia che c'è in te. Ci ho provato, credetemi, ma purtroppo è andata come sapete. Dopo il rigore ho pianto ma ho anche pregato, mi son detto: non è finita, adesso vinciamo ai rigori e sono andato subito a battere il 1° e avete visto come l'ho calciato bene. Poi però i miei fratelli Mensah e Adiah non ce l'hanno fatta. Anche per loro lo Jabulani era pesantissimo ma io sono andato subito a consolarli perchè la colpa era tutta mia, bastava segnare il rigore giusto. Ricordo che quando ero in Italia ascoltavo una canzone, Francesco De Gregori mi sembra si chiamasse l'autore che diceva che un giocatore non si giudica da come si calcia un rigore...scusate non ricordo bene le parole...mandatelo a dire ai miei compagni...e poi che rabbia vedere quel capellone dell'Uruguay, che all'ultimo rigore decide fare il cucchiaio. Io quel coraggio, non l'ho avuto e non me lo perdonerò MAI.